3.02.2024 Spettacoli e Performance /
TRACCE | LOOKING FOR A PLACE TO DIE + C’ERA TUTTA LA MATERIA DEL MONDO
CAPANNA, CARULLI, SCAPPA / SICURO
TRACCE | LOOKING FOR A PLACE TO DIE
di e con Sara Capanna, Barbara Carulli, Michele Scappa
musiche originali Joaquín Nahuel Cornejo
luci Paolo Pollo Rodighiero
coproduzione Company Blu e Rosa Shocking
con il sostegno di Armunia e Anghiari Dance Hub
C’ERA TUTTA LA MATERIA DEL MONDO
ideazione, coreografia, danza, regia-video e interviste a cura di Sara Sicuro
consulenza drammaturgica Elena Giannotti
musiche Spartaco Cortesi
realizzato con il sostegno di Company Blu, Versiliadanza, Artinvita Festival internazionale degli Abruzzi, Spazio Matta, Comune di Pescara, ChilleDelaBalanza, Comune di Tricase.
TRACCE
«Quella che sono stata una volta non si ricorda più di quel che sono adesso […] parlatemi della morte, della fine di tutto, affinché io senta una ragione per ricordare…»
Il marinaio, F. Pessoa
Tre corpi si (con)formano in figure, che sfuggono all’accecamento luminoso esponendosi al buio. Il loro è un luogo altrove, dove il presente, che potrebbe essere già stato o che potrebbe esistere, può solo essere ricordato o immaginato. Tracce | Looking for a place to die è un viaggio alla ricerca di un con-vivere e di un con-morire: una crisi attraversabile con il gioco della matassa, descritto da Donna Haraway, «tramite grovigli e zigzag che necessitano di passione e di azione, di momenti di stasi e di mosse improvvise, di ancoraggio e di slancio».
Le tracce sono degli indizi di uno stato precedente, delle piccole quantità residue, dei segnali che permettono di ricostruire una traiettoria. Possono essere cercate, trovate, lasciate, percorse e ricordate. Sebbene ogni traccia sia unica e originale, ciascuna di esse ha la caratteristica di essere inevitabile. Queste prime riflessioni sul termine “tracce” hanno orientato lo sviluppo di una qualità corporea verso una gestualità anarchica, che fosse pronta a fare, disfare e, dunque, trasformare le norme regolatrici dell’architettura (spaziale e temporale) entro la quale si sarebbe sviluppata la danza. Una danza che vive nell’istante, che potrebbe essere già stata o che potrebbe esistere, che può solo essere ricordata o immaginata. Come durante un sogno, i corpi si (con)formano mantenendo uno stato duplice di attività e passività, di consapevolezza e non premeditazione. Portare l’attenzione sul sentire corporeo in relazione a tutto quello che questo evento può attivare, può scatenare una crisi. Proprio come si evince dalla sua etimologia greca (krísis: scelta, decisione), la crisi è una condizione di instabilità che trova risoluzione in una decisione. I corpi danzanti, mettendo in discussione i propri punti fermi e distaccandosi da ciò che è a loro noto, vivono una continua ricerca di senso e consenso di movimento che passa attraverso la scelta. Guardarsi e lasciarsi guardare sulla soglia, perdersi, scoprirsi e ritrovarsi. Nel tentativo di svincolarsi dalla convenzione secondo la quale si illumina ciò che deve essere visto, vengono abitati i margini e i confini – dei “vuoti polverosi”-, attraverso differenti ritmicità. Tracce | Looking for a place to die è un atto estremamente vitale, è la costante generazione di nuove possibilità, sulle quali si può far luce solo stando nel buio, proprio come il forte bagliore emanato dalla morte di una stella.
C’ERA TUTTA LA MATERIA DEL MONDO
«Il tentativo di entrare dentro le cose, di essere le cose. Di essere niente. O forse il canto di un pettirosso, una presenza dentro gli anni che ho».
Sara Sicuro
C’era tutta la materia del mondo 1.3 è un progetto performativo e di comunità, che ha permesso di indagare la relazione tra luoghi e mestieri attraverso un’attenzione particolare al corpo, alle sue gestualità e al paesaggio di un territorio. Il corpo con le sue posture, con i suoi ritmi e movimenti quotidiani si rende testimone del tempo, della memoria fisica, geografica, culturale di una comunità. Osservare le identità espresse nei gesti del lavoro apre una riflessione sulla trasformazione silenziosa e sempre in atto di un luogo, di un paesaggio. La danza, i corpi dei lavoratori diventano sintesi di una memoria da trasmettere.
Traendo ispirazione da una serie di interviste fatte tra Puglia e Toscana nella costruzione della performance si è data attenzione al diverso stare nel tempo del corpo nelle diverse professionalità, alle indicazioni circa la direzione temporale dei gesti (come direzione musicale) e alla percezione personale del tempo che ciascun lavoratore ha espresso. La realtà degli spazi “artigiani”, le testimonianze della percezione materica del tempo vengono assorbite e rielaborate dalla danzatrice in termini di movimento. L’intento è quello di costruire in scena un immaginario in grado di raccontare ed evocare “paesaggi”, un trasformarsi di stati del corpo, un continuo mettere in relazione. Un dialogo fra la performer e le voci, le posture e i gesti degli artigiani e degli operai incontrati durante il percorso di ricerca artistica e di vita. Lavoratori della materia, testimoni delle direzioni del tempo e del suo annullamento. Un susseguirsi di quadri gestuali, sonori e ambientali che ci interrogano sul valore del lavoro e del tempo.